La sirenetta sullo scoglio
(scultura - 2019)
Questa piccola scultura in terracotta elaborata con la mia personale tecnica ad “anima docile”, poggia su un sasso naturale.
Nella mitologia greca e romana si ha traccia certa della credenza diffusa dell’esistenza delle sirene.
In lingua greca “Σειρήν” e in latino “Sirena” erano entità magiche e divine, figure tanto mitiche quanto religiose. Di gran lunga precedenti furono le leggende assire e babilonesi.
Si ha notizia della remota esistenza di una dea siriaca, Atargatis, conosciuta col nome latino di Atargatide o Atergate, la quale avrebbe avuto forma di donna e di pesce.
La “Grande signora delle terre della Siria del nord” era conosciuta ai greci come Derceto o anche, Derketo e Deasura, ovvero “Dea Syria”.
Divinità dell’amore assimilata alla stessa Afrodite, ella fu raffigurata dall’aspetto di una sirena. Ebbe due figli, un maschio, Efeso, e una figlia, Semiramide.
Sembra che il termine greco utilizzato per Σειρήν, cioè Sirena, significhi “vespa” e probabilmente fu immaginata dotata di ali.
Di sirene ci parla, com'è noto, il poeta greco Omero nell’Odissea le quali sarebbero state figlie di Acheloo o di Forzo. Libanio, retore siro di lingua greca vissuto in età romana, narra che furono generate dal sangue del corno del dio dell'acqua reciso da Ercole. Secondo altri miti e leggende erano figlie della musa Melpomene e di Acheloo.
Vivevano nelle acque del mare fra Scilla e Cariddi e ammaliavano i marinai col loro canto: li attiravano con le loro seducenti melodie verso la loro isola per farli morire accompagnandosi col suono della lira e del doppio flauto.
Ulisse, messo in guardia dalla dea maga Circe, ricorse allo stratagemma di turarsi le orecchie con la cera insieme al suo equipaggio.
Il mito delle sirene non è mai del tutto tramontato come dimostrano la letteratura e le arti in generale.
Figure bellissime e sorprendenti, a volte erano anche rappresentate in antichità, con barba maschile e mammelle femminili, artigli ai piedi similmente alle Arpie, nonché, alate.
La poesia "Lorelei" di Heinrich Heine (1797 - 1856)
Io non so che voglia dire
che son triste, così triste.
Un racconto d'altri tempi
nella mia memoria insiste.
Fresca è l'aria e l'ombra cala,
scorre il Reno quietamente;
sopra il monte raggia il sole
declinando all'occidente.
La bellissima fanciulla
sta lassù, mostra il tesoro
dei suoi splendidi gioielli,
liscia i suoi capelli d'oro.
Mentre il pettine maneggia,
canta, e il canto ha una malia
strana e forte che si effonde
con la dolce melodia.
Soffre e piange il barcaiolo,
e non sa che mal l'opprima,
più non vede scogli e rive,
fissi gli occhi ha su la cima.
Alla fine l'onda inghiotte
barcaiolo e barca... Ed ahi!
Questo ha fatto col suo canto
la fanciulla Lorelei.
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