domenica 16 aprile 2017

Tiche, la dea Fortuna

Antonia Calabrese 
Tiche, la dea Fortuna (2010) 
tempera e acrilico a gouache su tela cm. 40×50
Collezione privata

Dea della fortuna, del destino e del caso, denominata Tiche (Tyche) in Grecia e Fortuna dai Romani, aveva ricevuto da Zeus il potere di decidere della sorte dei mortali. I Romani la consideravano apportatrice di fertilità e le attribuirono per figlia la Necessità. Si ritiene anche che la immaginassero con una doppia indole, una intraprendente e l'altra erotica, in ogni caso, sempre benefica. Da Omero, Tiche viene citata nell'inno alla dea Demetra, in cui si afferma che è figlia del titano Oceano e della titanide Teti; diversamente, altre versioni la definiscono figlia di Afrodite ed Hermes oppure, di Zeus. E’, ad ogni modo, la personificazione del caso fortuito, tanto nella buona quanto nella cattiva sorte; ma, a differenza delle Moire e di Sors (la Sorte) è una divinità benevola e il suo intervento è sempre positivo. Ogni città greca aveva una propria rappresentazione della dea Tiche, effigiata con una corona turrita sul capo che simboleggiava le mura delle città e con in mano dei simboli bene auguranti. Infatti, la Tiche greca, era protettrice e custode della prosperità delle città e degli stati ed era inizialmente onorata quale patrona del benessere pubblico. Solo più tardi le fu attribuito il ruolo di protettrice della felicità privata e, più tardi ancora, fu identificata col destino. A Tiche, come a Fortuna, si attribuiva la capacità di decidere la ventura sia dei singoli cittadini che della collettività e di dominare gli eventi  travolgenti le azioni umane. 
Secondo la mitologia greca, Ella concede ad alcuni i doni contenuti nella cornucopia ma ad altri nega addirittura il necessario. Tiche, però, agisce inconsapevolmente e non è perseguibile per le sue decisioni in quanto si muove velocemente qui vicino, e da noi distante, facendo rimbalzare la sua palla, a dimostrazione che la sorte è realtà oggettiva ma incerta. Ella, non sceglie qualcuno in particolare perché si muove casualmente ed inconsapevolmente. Però, se avviene che alcuno che Ella abbia favorito, si vanti delle sue fortune trascurando di ringraziare e sacrificarne parte agli dei, ovvero, non ne faccia uso a beneficio altrui e non se ne serva per confortare le sofferenze dei suoi concittadini, egli subitaneamente incorre nella vendetta dell'antica dea Nemesi. Ciò insegna ad interrogarsi sulla ragione della mutata sorte. A differenza della maggioranza delle divinità greche e romane, non le si attribuirono dei miti, eccezion sia la leggenda romana che, attribuendo l’introduzione del suo culto a Roma a Servo Tullio, il re che più, fra tutti, fu favorito dalla Fortuna, racconta che la Dea lo avesse amato, benché mortale, e che solea fargli visita penetrando attraverso una stretta finestrella. Nonostante le fu tributato il massimo culto in epoca ellenistica, il concetto che le si associa sopravvive ai giorni nostri. Già anticamente Tiche, la dea Fortuna, veniva definita la “cieca padrona della sorte”nel senso che oggi si parla di “fortuna cieca” o di “dea bendata”. In origine, tuttavia, non si attribuiva casualità all'operare della Dea, ma si riteneva che Ella distribuisse gioia o dolore secondo una giusta misura, per cui, per “nemesi” si deve intendere quell'evento o situazione negativa che segue ad un periodo particolarmente fortunato, e ciò, per ragioni di equità compensatrice che il Fato dispensa.

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