Antonia Calabrese
Afrodite alla sorgente (2012)
olio su tela cm. 40×60
Afrodite alla sorgente (2012)
olio su tela cm. 40×60
Nella religione di Roma, la dea
Afrodite, dea dell'amore e della bellezza e dell’arte, fu identificata con
Venere dea dei giardini e degli orti.
Nell'Iliade di Omero è la figlia di
Zeus e Dione, ma Esiodo, nella sua Teogonia, narra che nacque dalla schiuma del
mare. Era considerata sposa di Vulcano, il dio del fuoco e della lavorazione
dei metalli. Secondo la mitologia, amò Ares, il latino Marte, dio della guerra,
e Anchise, principe troiano da cui ebbe Enea e Adone, un bellissimo pastore per
il cui amore rivaleggiò con Persefone, regina del mondo sotterraneo. Venere
Afrodite, generò anche Cupido, dio dell'amore.
Era ricordata dai Romani come Venus genitrix in quanto madre di Enea, capostipite
del popolo romano e della gens Iulia; Venus
verticordia in quanto
protettrice della castità; Venus
felix e victrix in quanto portatrice di fortuna e
vittoria. La leggenda più famosa di Afrodite è legata alla causa della guerra
di Troia: alle nozze del re Peleo con la ninfa Teti non venne invitata Eris,
dea della discordia, che per vendicarsi gettò durante il banchetto una mela
d'oro su cui erano incise le parole "Alla più bella". Subito la
mela venne rivaleggiata da Era, Atena ed Afrodite che si rivolsero a Zeus per
un scelta. Zeus, però, non volle decidere chi fosse la più bella ed esse
allora si rivolsero al principe di Troia Paride. Ognuna di esse gli promise un
dono: Era gli avrebbe dato potere, Atene gloria militare, Afrodite la donna più
bella del mondo. Paride assegnò la mela ad Afrodite e in cambio chiese Elena,
moglie del re greco Menelao. Il rapimento di Elena scatenò la guerra di Troia.
Bella tra le Dee, Venere Afrodite è la più trascinante e seducente
allegoria dell’Amore di cui è apportatrice e che personifica e figura. Pur
posta in relazione al matrimonio ed alla generazione di figli, non fu
considerata patrona dell’unione coniugale come viceversa fu venerata Era;
rappresenta invece l’influenza che muove un essere verso un altro,
irresistibilmente, appassionatamente. Veniva raffigurata cinta di rose e di
mirto, su un carro trainato da passeri, colombe e cigni, cinta di una cintura
che ha il potere di rendere fortissimamente attraente chi la indossa, nella
quale sono intrecciate le molteplici seduzioni della Dea. Fra gli epiteti
tributatile, vi sono quello di “Pandemia”, cioè “di tutto il popolo”,
protettrice delle istituzioni, tra cui le nozze, e dell’amore sensuale e
profano, in contrapposizione all'aspetto da Lei incarnato nell'appellativo di
“Urania”, divinità femminile dell’amore intellettuale e celestiale. In epoca
tarda poi, si usò distinguere fra Afrodite
Pandemo, Afrodite Urania e Afrodite
Pontia; la prima, è la terrena, patrocinatrice fra l’altro dell’amore
volgare, la seconda, dell’amore spirituale, donatrice di ogni sorta di
benedizione; la terza, è l’Afrodite marina, protettrice dei naviganti.
L’egemonia di Afrodite s’estende anche alla natura, ed Ella rappresenta
l’irruenza procreatrice ma anche il piacere fine a sé stesso; dona bellezza e
amore senza altra finalità che l’amore stesso e l’armonia, armonia che per i
greci era relativa specialmente alla perfezione delle forme ma, per i romani atteneva
anche alla bellezza interiore dell’essere chiari, sinceri, veri ed autentici,
come Venere che fa tutto alla luce del sole; perciò fu definita “ la dorata”, “
l’aurea”, e non semplicemente perché s’adornava degli incantevoli gioielli per
Lei magnificamente forgiati da Vulcano, l’ Efesto dei greci.
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