Antonia Calabrese
Vulcano (2010)
gouache su tela cm. 40×60
Hefèsto,
figlio di Zeus e di Hera, il quale i romani identificarono con Vulcano, era il
Dio del fuoco e sarebbe nato zoppo e deforme cosicché sua madre se ne vergognò
e perciò lo scaraventò giù dall'Olimpo. Rotolando, il dio sarebbe finito in
mare dove lo soccorsero la nereide Teti e l'oceanina Eurinome che lo allevarono
in una grotta sottomarina. Hera, tuttavia, era considerata madre premurosa ed è
probabilmente perciò che un’altra versione del mito, vuole che egli, generato
unicamente da Hera perché gelosa del fatto che Zeus aveva, da solo, dato alla
luce Atena, sostiene che a scaraventarlo dabbasso fu proprio Zeus, irritato
dalle continue intromissioni del giovane Dio nelle liti coniugali. Fu dunque
capitombolando fino ad arrivare all'isola di Lemno che Hefèsto si sarebbe
azzoppato. In ogni caso, con l'aiuto di un nano che gli insegnò l'arte della
lavorazione dei metalli, Hefèsto, utilizzando il fuoco del vulcano, mise su
un'officina da fabbro dove rimase per nove anni. Egli, però, desiderava tornare
fra gli dei dell'Olimpio e, per realizzarlo, costruì uno straordinario trono
d'oro squisitamente cesellato e lo inviò in dono a sua madre. Avendolo gradito,
Hera vi si sedette e vi rimase prigioniera, afferrata per le braccia da potenti
catene di ferro che le impedivano i movimenti. Non si trovò nessuno che
riuscisse a liberarla; e dunque, Zeus mandò messi ad Hefèsto perché venisse in
soccorso della madre ed egli ne approfittò per imporre le sue condizioni:
pretese di tornare sull'Olimpo, di essere considerato come gli altri dei e di
avere in moglie Afrodite. Una volta risalito all'Olimpo, vi aprì un opificio e
fabbricò lo scettro e il trono d'oro di Zeus; una magnifica collana per
Armonia, figlia di Ares e Afrodite, come dono di nozze; due corazze d'oro, una
per Ercole e una per Diomede; un'armatura completa e uno scudo per Achille e
un'altra per Enea. Ad Apollo costruì un palazzo risplendente, il Palazzo del
Sole. Egli inoltre diede forma a delle statue a cui conferiva la capacità di
muoversi, la parola e la vita e per Zeus, creò Pandora, la prima donna mortale.
Hefèsto lavorava i metalli anche sulla terra e vi aprì varie officine fra cui
quella di Lemno, dove ebbe per aiutanti i demoni Cabiri, e l’immensa fucina
sotterranea dell'Etna, dov'era coadiuvato dai Ciclopi e dove forgiava i fulmini
per Zeus. L’iconografia lo raffigurava come un uomo robusto e muscoloso,
barbuto, spettinato e con un berretto di cuoio; indossava una corta tunica da
operaio senza maniche che lasciava scoperta la spalla destra e con la mano destra
impugnava il martello mentre nella sinistra reggeva una tenaglia.
A
VULCANO
O
Vigoroso Efesto, tu che regni
Nel
fulgore immortale dei cieli e della terra,
Tu
che forgi le meraviglie dell'arte,
Tu
che plachi l'ardore degli dei e dei mortali,
Ascolta
la mia preghiera, o divino fabbro.
Lascia
che la tua fiamma sacra
Accenda
il mio spirito e la mia anima,
E
che la tua mano sapiente
Guidi
la mia creatività e la mia arte.
Sii
la luce che illumina il mio cammino,
La
forza che mi sostiene nella fatica,
La
bellezza che mi inebria l'anima,
La
saggezza che mi guida nella vita.
O
Vigoroso Efesto, tu che sei
Il
signore del fuoco e della creazione,
Accogli
la mia preghiera e la mia offerta,
E
concedimi la tua benevolenza e il tuo amore.
(Antonia Calabrese ©)
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