Antonia Calabrese
Eros addormentato (2009)
acquerello e matite su cartone telato cm. 30 × 50
Collezione privata
Dio greco
dell'amore che i romani identificarono con Cupido,
Eros era figlio di Ares, il
Dio della guerra e Afrodite, dea dell'amore. Suo fratello è Anteros, che significa:
“colui che ricambia l'amore”. Era rappresentato come un fanciullo alato, armato
di arco e faretra colma di frecce, spesso bendato, per significare che “l'amore
è cieco”. Il
Dio dell’amore secondo Esiodo si sarebbe rivelato al principio della creazione,
subito dopo la nascita di Gea, la Terra, e perciò farebbe parte delle divinità
pre-olimpiche. In questa chiave di lettura, Eros è simbolo della creazione e
del perpetuarsi delle generazioni degli esseri viventi. Altri commentatori
ritengono che Eros sia il più giovane degli dei, figlio di Afrodite ed Ares,
oppure di Efesto, oppure di Zefiro ed Eris. Eros
era descritto egocentrico e spietato. Lo stesso Zeus, esterrefatto di tanta
crudeltà, avrebbe consigliato ad Afrodite di sopprimerlo. Ma, l’amorevole madre
non ne ebbe il coraggio e lo nascose nel bosco dove fu allevato dagli animali
selvatici. Proprio questa circostanza lo avrebbe reso ancor più capriccioso e
dispettoso sia verso gli uomini che verso gli dei. Eros, dio dell'amore
passionale e sensuale, aveva l'enorme potere di colpire e far innamorare
immediatamente e perdutamente animali, uomini e dei. Raffigurato spesso su un
carro trainato da leoni, gli erano sacri il gallo e il cigno. In suo onore si celebravano le
Erotidie che si tenevano ogni cinque anni.
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