Antonia
Calabrese
Apollo Coelispex (2010)
tempera e acrilico a
gouache su tela cm. 40×50
Nella mitologia
classica, Apollo, divinità solare, era figlio di Zeus e di Leto, o Latona, a
sua volta figlia di un titano. Apollo
era fratello gemello di Artemide, divinità lunare, e nacque sull'isola Asteria,
poi chiamata in suo onore “Delo”.
Più che Dio del
sole è la personificazione del calore e dell’ardore di esso; il Dio Sole,
infatti, è il Dio greco Elio (Helios), il Magnifico Sol dei Romani. Egli, fu identificato con Elio solo da
Euripide in poi ma, i più antichi poeti li differenziavano con precisione:
Apollo è il Dio della salute, della poesia e del canto, che traina il carro del Sole, mentre Elio, è il Dio Sole stesso in tutta la sua forza e i suoi
attributi
Nelle leggende omeriche, Apollo è descritto come Dio profeta e suo
era l'oracolo di Delfi; annuncia agli uomini la volontà di Zeus, perciò è dio dei
vaticini e degli oracoli.
A volte, egli concede ai mortali, come alla sua
prediletta Cassandra, principessa troiana, il dono di prevedere il futuro.
Apollo è anche il
Dio dell’agricoltura, del bestiame, della musica, dell’ispirazione poetica,
delle arti in generale; della verità filosofica e della medicina. E’ anche considerato Dio del canto,
della musica e della poesia e nascendo, nel pronunciare le prime parole,
richiese una cetra. In quanto Dio della poesia, è il capo delle Muse. In quanto divinità solare, Apollo fa arrivare il clima
mite sulla Terra, facendo sbocciare i fiori, indi, con l'arrivo
dell'estate, con la sua vivacità, fa appassire e perire ciò che aveva creato in
primavera. In qualità
di dio
della salute, ha anche il potere contrario, quello di fare pervenire mali a
coloro che vuole punire. Tutte le morti improvvise, erano attribuite alle sue
frecce letali. Secondo l’Iliade, Apollo, irritato per l'ingiusto oltraggio
fatto al suo sacerdote Crise con il rapimento della figlia, diffuse la peste
nel campo greco lanciando frecce col suo arco d'argento sull'esercito comandato
da Agamennone.
Era generalmente rappresentato come un atleta ed un arciere di
stupefacente bellezza e prestanza fisica. Fu narrato come spietato e crudele in
quanto uccise per gelosia la giovane Coronide, dalla quale ebbe Asclepio e che
lo aveva tradito; rapì e stuprò la principessa ateniese Creusa per poi
lasciarla sola assieme al figlio.
Dimora prescelta da Apollo non era l'Olimpo, ma il Parnaso, ai
piedi del quale sorgeva il suo principale oracolo, Delfi. In questo luogo,
Apollo amava riposare e suonare la cetra, circondato dalle Muse, sue ancelle,
che danzavano e cantavano in coro.
Veniva descritto giovane e imberbe, nel rigoglio di una bellezza
perfetta quanto adolescenziale, con folta e lunga capigliatura, il volto
dall'espressione dolce e serena, la fronte coronata di mirto e di alloro;
nelle mani, reggeva la cetra. Oltre alla cetra, altri suoi attributi sono
l'arco, le frecce, la faretra, il cigno, lo sparviero, il lupo e la cicala. Gli
furono tributati molti epiteti, fra cui quello di “Coelispex “, cioè, “Colui che scruta i
cieli”, con riferimento alle sue capacità oracolari. I Romani lo definirono
“Articenens", cioè “Colui che porta l'arco”. L'appellativo in
maggior misura rivolto ad Apollo, fu quello di “Febo", cioè "splendente" o "lucente” o
“abbagliante", sia per la sua bellezza, sia per il suo legame con il Sole.
Questo titolo, ripreso anche dai Romani, era tributato anche ad Artemide.
Ad Apollo
O risplendente Calore del Sole,
sii accresciuto!
Vieni, o Febo dalla soave lira d’oro
magnificamente esaltato ed acclamato
con grida di gioia, donatore di felicità,
protettore della seminagione e dello
aratro; vieni o delfico Chiaroveggente,
arcaico Spirito di luce ed energia,
eternamente giovane, amabile
ed attraente; tu, leggendario leader
delle Muse e maestro del coro celeste,
che da lungi cogli nel segno coi tuoi dardi!
Tu, santo sovrano di Delo, Veggente
che riluci ai mortali; tu dalle dorate chiome
coronate del luminescente, appassionato,
incandescente Sole arroventato!
Vieni e svelami le tue profezie; pronuncia
i tuoi oracoli al mio udito attento, dolce
musica e lieto annuncio, rispondendo
indulgente al mio richiamo!
Infatti tu vedi l’infinito etere e indagini
la terra, raggiante di là, in alto, e attorno
a noi, da dove trapassando la semioscurità,
e penetrando la tenebra della notte,
con gli occhi delle stelle scorgi le profonde
radici della terra!
Tu fai rifiorire la natura e accordi con la cetra
i suoni degli spazi siderali e caratterizzi
le specie viventi in consonanza armonica,
accordando agli umani un destino intonato
al Cosmo e distribuendo equamente fra noi
mortali l’estate e l’inverno e la fiorita frescura
della primavera piacevole!
Poiché possiedi il divino sigillo che conferisce
forma all’universo e fai sibilare i venti che
Eolo soffia per l’aere, ascolta la supplichevole
mia voce e salvami da ogni cruccio e dispiacere!
O esperto Medico, non allontanare lo sguardo
da me e dalla mia famiglia; tu che amministri
calamità e salute, salvaci da ogni malessere
e affrancaci dai nostri dolori!
Ad Apollo © Antonia Calabrese
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