Collezione privata
Dea
della fortuna, del destino e del caso, denominata Tiche (Tyche) in Grecia e
Fortuna dai Romani, aveva ricevuto da Zeus il potere di decidere della sorte
dei mortali. I Romani la consideravano apportatrice di fertilità e le
attribuirono per figlia la Necessità. Si ritiene anche che la immaginassero con una doppia indole, una intraprendente e l'altra erotica, in ogni caso, sempre benefica. Da Omero, Tiche viene citata nell'inno
alla dea Demetra, in cui si afferma che è figlia del titano Oceano e della
titanide Teti; diversamente, altre versioni la definiscono figlia di Afrodite
ed Hermes oppure, di Zeus. E’, ad ogni modo, la personificazione del caso
fortuito, tanto nella buona quanto nella cattiva sorte; ma, a differenza delle
Moire e di Sors (la Sorte) è una divinità benevola e il suo intervento è sempre positivo. Ogni città greca aveva
una propria rappresentazione della dea Tiche, effigiata con una corona turrita
sul capo che simboleggiava le mura delle città e con in mano dei simboli bene
auguranti. Infatti, la Tiche greca, era protettrice e custode della prosperità
delle città e degli stati ed era inizialmente onorata quale patrona del
benessere pubblico. Solo più tardi le fu attribuito il ruolo di protettrice
della felicità privata e, più tardi ancora, fu identificata col destino. A Tiche,
come a Fortuna, si attribuiva la capacità di decidere la ventura sia dei
singoli cittadini che della collettività e di dominare gli eventi
travolgenti le azioni umane.
Secondo
la mitologia greca, Ella concede ad alcuni i doni contenuti nella cornucopia ma
ad altri nega addirittura il necessario. Tiche, però, agisce inconsapevolmente
e non è perseguibile per le sue decisioni in quanto si muove velocemente qui
vicino, e da noi distante, facendo rimbalzare la sua palla, a dimostrazione che
la sorte è realtà oggettiva ma incerta. Ella, non sceglie qualcuno in
particolare perché si muove casualmente ed inconsapevolmente. Però, se avviene
che alcuno che Ella abbia favorito, si vanti delle sue fortune trascurando di
ringraziare e sacrificarne parte agli dei, ovvero, non ne faccia uso a
beneficio altrui e non se ne serva per confortare le sofferenze dei suoi
concittadini, egli subitaneamente incorre nella vendetta dell'antica dea
Nemesi. Ciò insegna ad interrogarsi sulla ragione della mutata sorte. A
differenza della maggioranza delle divinità greche e romane, non le si attribuirono dei
miti, eccezion sia la leggenda romana che, attribuendo l’introduzione del suo
culto a Roma a Servo Tullio, il re che più, fra tutti, fu favorito dalla
Fortuna, racconta che la Dea lo avesse amato, benché mortale, e che solea
fargli visita penetrando attraverso una stretta finestrella. Nonostante le fu
tributato il massimo culto in epoca ellenistica, il concetto che le si associa
sopravvive ai giorni nostri. Già anticamente Tiche, la dea Fortuna, veniva definita la “cieca padrona della sorte”nel senso che oggi si parla
di “fortuna cieca” o di “dea bendata”. In origine, tuttavia, non si attribuiva
casualità all'operare della Dea, ma si riteneva che Ella distribuisse gioia o
dolore secondo una giusta misura, per cui, per “nemesi” si deve intendere
quell'evento o situazione negativa che segue ad un periodo particolarmente
fortunato, e ciò, per ragioni di equità compensatrice che il Fato dispensa.
Nessun commento:
Posta un commento
Se hai domande o ti va di dire la tua lascia un commento e riceverai presto una risposta. Grazie.