Antonia Calabrese
Penati (2010)
gouache su tela cm. 50 x 70.
Collezione privata
I Penati sono antiche divinità della religione romana,
considerate protettrici della casa, della famiglia e dello Stato. Il
termine “penati”, deriva dal latino "penas” che significa: "tutto
quello di cui gli uomini si nutrono"; può darsi, quindi, che furono
così denominati per il fatto che venivano collocati nel penitus, la parte più
interna della casa, dove veniva conservato il cibo. Si tratta di divinità
domestiche le quali sono l’emblema della famiglia. Ciascun nucleo familiare
conservava e venerava i propri, trasmettendone il culto per via ereditaria
assieme ai beni patrimoniali. Forse in origine si trattò della rappresentazione
dei capostipiti della famiglia, cliché di divinità gentilizie. La funzione
degli dèi Penati, all'interno delle case, è simile a quella di Vesta, in
quanto, la loro influenza è rivolta alla protezione delle are e dei focolari e
alla sorveglianza dell'intimità dell’abitazione. Il loro culto prevedeva sia
sacrifici quotidiani che occasionali. Queste divinità, sono esseri
spirituali simili agli angeli custodi del Cristianesimo e si dividono in Penati
familiari o minori e Penati pubblici o maggiori, che sono quelli dello Stato. I
Penati pubblici erano venerati sia in Roma che in un tempio sulla Velia e
talvolta erano identificati con i Dioscuri; il loro culto era
associato a quello di Vesta. Nell'assumere e nel rimettere la propria carica, i
consoli romani erano tenuti a celebrare un sacrificio a Lavinio in onore dei
Penati pubblici e a loro volta, i magistrati della città prestavano giuramento
in viso ad essi. E’ conosciuto un culto pubblico dei Penati della
famiglia di Enea, Penati maggiori, in quanto si riteneva che Roma fosse stata
edificata da stirpe eneade; in onore di essi, era stato costruito un tempio
sul colle Palatino dove erano rappresentati come due giovani seduti.
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