venerdì 15 novembre 2024

Iuppiter Victor

 

Antonia Calabrese, Iuppiter Victor, 2023, Arte digitale

Iuppiter Victor: La Maestosa Figura del Dio della Vittoria

Iuppiter Victor, una delle numerose epifanie di Giove, rappresenta il lato trionfale e invincibile della divinità suprema del pantheon romano. Questo epiteto, che significa "Giove Vincitore", era invocato per garantire il successo in battaglia e celebrare la vittoria dei Romani sui loro nemici. La figura di Iuppiter Victor incarna non solo il dominio celeste, ma anche la supremazia politica e militare di Roma, legando il potere divino al destino della città eterna.

Il culto di Iuppiter Victor

Il titolo di Victor è strettamente legato al trionfo militare. Il culto di Iuppiter Victor era celebrato in santuari specifici, tra cui un tempio sul Quirinale eretto dopo la vittoria di Quinto Fabio Massimo contro i Galli nel 295 a.C. Quivi, i Romani si rivolgevano al dio con sacrifici e processioni, ringraziandolo per il suo intervento divino.

Simbolismo e Rilevanza

Come simbolo di forza e protezione, Iuppiter Victor non era solo una guida per i soldati, ma anche un garante della pace ottenuta attraverso la vittoria. La sua immagine sottolineava l'importanza della pietas romana, la devozione verso gli dèi, che si rifletteva nelle imprese militari e nella prosperità dello Stato.

La figura di Iuppiter Victor rappresenta un esempio straordinario di come religione, guerra e politica si intrecciassero nell'antica Roma. Dalle celebrazioni dei trionfi ai rituali sacri, Iuppiter Victor è un emblema eterno del potere sia divino che terreno.

Giove: Cuore e Anima dell’Impero Romano

La figura divina di Giove, sovrano degli dèi e custode del destino di Roma, è il simbolo centrale della religione e della politica dell’Impero Romano. Giove incarnava il potere celeste e il dominio universale, riflettendo l’autorità suprema esercitata dagli imperatori. Questo legame è evidente nell’uso dell’appellativo “Iove” (Giove) per riferirsi agli imperatori, una chiara testimonianza dell’associazione diretta tra la figura divina e il potere terreno.

Il legame tra Giove e gli imperatori

Giove, nella sua maestà divina, era il garante del successo militare, della prosperità e della giustizia, virtù fondamentali per un sovrano romano. L’appellativo "Iove" rivolto agli imperatori non era solo una metafora, ma un riconoscimento della loro funzione quasi divina come custodi del popolo e rappresentanti della volontà celeste sulla terra.

Un esempio evidente è la figura di Augusto, il primo imperatore di Roma, che promosse il culto di Iuppiter Optimus Maximus come simbolo del suo governo. Il Tempio di Giove Capitolino, restaurato sotto il suo regno, divenne il cuore simbolico dell’Impero, legando il potere dell’imperatore alla protezione divina del dio.

In epoca successiva, imperatori come Diocleziano assunsero il titolo di Iovius (di Giove) per sottolineare la loro autorità divina e stabilire una connessione diretta con il sommo dio. Questo titolo contrapponeva il loro potere a quello dei co-imperatori, associati a Ercole, creando una dualità simbolica tra il sovrano supremo e il suo braccio armato.

Giove e il cuore spirituale dell’Impero

Il culto di Giove permeava ogni aspetto della vita pubblica e militare di Roma. Ad esempio, durante i trionfi, i generali vittoriosi offrivano sacrifici a Giove sul Campidoglio, riconoscendo il dio come artefice delle loro vittorie. Anche i giuramenti di lealtà militare e politica si svolgevano sotto il suo nome, rafforzando il legame tra religione e potere.

Giove come anima dell’Impero

Giove rappresentava non solo la divinità suprema, ma anche l’ideale del governo giusto e potente. Identificare gli imperatori con Giove non era solo un atto di celebrazione, ma un modo per legittimare il loro ruolo come garanti dell’ordine universale. Questo intreccio di sacro e politico fece di Giove una figura centrale nel consolidamento del potere imperiale, incarnando il cuore spirituale e l'anima politica di Roma.

mercoledì 13 novembre 2024

Saturnia Sapienza

 

Antonia Calabrese, Saturnia Sapienza, 2019
(Collezione privata)

Saturnia Tellus: La Divinità della Saggezza e della Fertilità nella Mitologia Romana

Il dipinto, ispirato a mia madre, rappresenta Saturnia Tellus, figura complessa e affascinante della mitologia romana, una divinità che incarna molteplici virtù e che è associata alla saggezza, alla fertilità e alla natura stessa. Nota anche come "Sapienza Romana", "Giunone Sabina" e "Giunone Saturnia," questa dea rappresenta il lato femminile della coppia divina Saturno-Crono e occupa un ruolo centrale nel pantheon romano. La sua presenza ha ispirato culti e riti che legavano il divino alla terra e all’essenza stessa della vita e della conoscenza, rendendola una delle divinità più profonde e sfaccettate dell’antica Roma.

Origini e Simbologia di Saturnia Tellus

Saturnia Tellus è spesso identificata con la personificazione della terra (Tellus) e associata con Giunone, la potente divinità femminile romana. Il titolo di "Saturnia" la lega a Saturno, dio della semina, del raccolto e del tempo, e riflette la sua funzione come paredra (compagna divina) di Saturno. Tuttavia, il suo ruolo va oltre la semplice associazione con Saturno, poiché essa simboleggia la terra fertile e la saggezza intesa come capacità di discernere e comprendere le verità naturali e cosmiche.

Il nome "Saturnia Tellus" sottolinea questo legame con la terra e con le forze generative, facendo di lei una sorta di "madre terra" capace di nutrire e sostenere la vita. Il titolo di "Sapienza Romana" invece rimanda al suo aspetto di guida spirituale e morale, una virtù particolarmente apprezzata dai Romani, che vedevano nella saggezza e nella conoscenza il fulcro dell'armonia sociale e della prosperità.

Saturnia Tellus e le Virtù Romane: Giunone Sabina e Giunone Saturnia

Nel contesto della mitologia romana, Saturnia Tellus è vista come un’incarnazione della "sapienza romana" stessa. I Romani la veneravano per la sua connessione con le virtù della famiglia e della società, soprattutto nel ruolo di Giunone Sabina e Giunone Saturnia.

  • Giunone Sabina: In questo aspetto, Saturnia Tellus viene associata alle radici italiche e sabine del popolo romano. Qui, la dea è vista come una protettrice della famiglia, della casa e delle tradizioni locali. Questa variante di Giunone rivela l'importanza che la società romana attribuiva alle radici e alle virtù locali, spesso rappresentate attraverso il simbolismo familiare.

  • Giunone Saturnia: Come Giunone Saturnia, Saturnia Tellus si lega a Saturno, rappresentando l'armonia tra il maschile e il femminile, nonché tra la saggezza e la forza. Saturno, associato al tempo e alla ciclicità, trova nella sua paredra Saturnia una figura che ne modera l'influenza, portando equilibrio e prosperità. Questo aspetto di Giunone rappresenta quindi la forza interiore che guida e modera le energie distruttive o trasformative, incarnando la sapienza come virtù suprema.

Il Culto e i Templi Dedicati a Saturnia Tellus

Il culto di Saturnia Tellus era diffuso e rispettato in tutta Roma e nei suoi territori. Essendo una divinità collegata alla terra e alla fertilità, molti templi e riti venivano dedicati alla sua venerazione per garantire abbondanza agricola e protezione per le famiglie. In particolare, la celebrazione dei Saturnalia – una delle festività più celebri della Roma antica – veniva vista come un tributo al potere generativo e rigenerativo che Saturnia Tellus e Saturno incarnavano insieme. Durante queste celebrazioni, il popolo romano partecipava a festeggiamenti, scambi di doni e rituali che simbolizzavano l’abbondanza e la generosità della terra.

Il Significato Spirituale di Saturnia Tellus

Saturnia Tellus rappresenta una profonda connessione tra l’umanità e il mondo naturale. La dea incarna la saggezza non solo come virtù sociale, ma anche come forza spirituale capace di favorire la crescita, la fertilità e l’abbondanza. L’associazione con Saturno e il ruolo di paredra rendono Saturnia Tellus un simbolo dell’equilibrio, un’energia divina che lega la saggezza (sapienza) con la terra (Tellus), elevandola a guardiana della prosperità e dell’ordine naturale.

Conclusioni

Saturnia Tellus occupa un ruolo unico nella mitologia romana come simbolo di saggezza, fertilità e connessione alla natura. Attraverso le sue molteplici identità – da Sapienza Romana a Giunone Sabina e Giunone Saturnia – rappresenta la sinergia tra uomo e natura, una figura che racchiude l’essenza della vita e delle virtù umane. La sua venerazione testimonia l’importanza che i Romani attribuivano all’equilibrio tra saggezza, forza e generosità, virtù che Saturnia Tellus personifica come una delle dee più rispettate del pantheon romano.

In definitiva, Saturnia Tellus è molto più di una semplice divinità: è una custode della saggezza e della fertilità, una madre terra e una guida spirituale che continua a rappresentare ideali di abbondanza, saggezza e armonia, temi sempre attuali e che oggi trovano eco nella nostra relazione con l'ambiente e la saggezza antica.

domenica 10 novembre 2024

Cilens del Monte Stella

 

Antonia Calabrese, Cilens del Monte Stella (2019)

olio su tela cm. 50 x 65

Il mistero di Cilens del Montestella: un'antica divinità etrusca e il legame con il Cilento

Il fascino della civiltà etrusca continua a stupire studiosi e appassionati di archeologia per i suoi misteri irrisolti e per le profonde influenze lasciate nella cultura romana e in molte tradizioni italiane. Tra le figure enigmatiche di questo antico popolo vi è Cilens, una divinità poco conosciuta ma di grande potenza, menzionata accanto a Tinia (l’equivalente etrusco di Giove) e legata a un rilievo piramidale che molti associano al Monte della Stella, una montagna situata nel cuore del Cilento.

La scoperta del "fegato di Piacenza" e le divinità etrusche

Nel 1877, a Ciavernasco di Settima, vicino Piacenza, fu rinvenuto un modello di fegato in bronzo, datato tra il II e il I secolo a.C., con iscrizioni etrusche. Questo reperto, noto come fegato di Piacenza, rappresenta una mappa cosmologica della volta celeste secondo l’aruspicina etrusca. Gli etruschi suddividevano il cielo in sedici regioni, ciascuna governata da una specifica divinità. Sulla fascia perimetrale di questo oggetto, si trova l’elenco delle divinità, tra cui spiccano Tinia e Cilens.

La presenza di Cilens accanto a Tinia ha sollevato numerose domande sul ruolo di questa divinità. Cosa rappresentava realmente Cilens per gli etruschi? Era forse un dio del destino, superiore perfino a Tinia? Oppure era una divinità notturna, legata ai cicli del giorno e della notte? Secondo alcune interpretazioni, Cilens potrebbe aver presieduto l’ora del crepuscolo, momento di transizione tra luce e oscurità, il che spiegherebbe il suo legame con il Monte della Stella, simbolo di orizzonte e confine tra il giorno e la notte.

Cilens e il mistero del Cilento: tra etimologia e toponomastica

Il nome "Cilento" appare nei documenti solo intorno all’anno 1000 d.C., periodo in cui l’area iniziava a configurarsi come una regione definita. Tuttavia, si è ipotizzato che il toponimo possa derivare da un’antica memoria etrusca. Gli studiosi di religione etrusca indicano come tra le divinità ricorrenti vi fosse Cilens, una figura enigmatica spesso associata al destino o al passaggio tra il giorno e la notte.

Questa possibile connessione con l’area del Cilento, e in particolare con il Monte della Stella, ha portato alcuni a ipotizzare che il nome "Cilento" possa originare proprio da "Cilens", testimonianza di una presenza etrusca in quell'area che, pur essendo prevalentemente nota per i suoi insediamenti lucani e greci, potrebbe aver assorbito influenze etrusche attraverso commerci e interazioni culturali.

La "scultura etrusca" di Agropoli e i legami con Cilens

Nel museo “La Fornace” di Agropoli, nel cuore del Cilento, è conservata una scultura che alcuni studiosi ritengono ispirata a modelli etruschi. Anche se l'origine esatta dell'opera resta incerta, la sua presenza nel Cilento contribuisce a consolidare l’ipotesi di una connessione etrusca. La scultura potrebbe rappresentare una delle tante tracce lasciate da questi antichi abitanti, rafforzando l’idea che "Cilento" possa davvero derivare da "Cilens".

Cilens: una divinità del crepuscolo e del destino?

Il ruolo di Cilens all’interno del pantheon etrusco rimane avvolto nel mistero, con diverse ipotesi che spaziano da una funzione di protettore dei destini a quella di una divinità legata ai cicli della notte. In alcune rappresentazioni, Cilens appare accanto a Mera, la dea etrusca della saggezza e dell’arte, suggerendo un possibile legame con le arti divinatorie o con la conoscenza esoterica.

Secondo alcuni studi, Cilens potrebbe essere stata una divinità legata ai momenti di transizione, come il crepuscolo mattutino e serale, quegli istanti in cui la realtà si fonde con il mistero, lasciando spazio a percezioni ambigue e a rivelazioni spirituali.

Conclusioni: Cilens e la memoria degli etruschi nel Cilento

Nonostante le evidenze siano poche, la presenza di nomi e simboli etruschi in luoghi chiave come il Monte della Stella e il Cilento suggerisce che l’influenza etrusca possa aver radicato nel territorio tradizioni e nomi sopravvissuti fino al Medioevo. Il fenomeno di persistenza dei toponimi, come avvenuto per "Paestum" (dal greco Poseidonia, poi lucano Paistom), potrebbe aver permesso al nome “Cilento” di conservarsi fino ai giorni nostri, custodendo un’eco di antichi culti e credenze etrusche legate alla divinità Cilens.

Il mistero di Cilens del Montestella rimane ancora irrisolto, ma il suo fascino continua ad alimentare teorie e ipotesi sulla cultura etrusca e sulle sue possibili connessioni con il sud Italia. Una memoria antica che, silenziosa e nascosta, resiste al tempo e alle trasformazioni, custodendo ancora segreti preziosi per chi continua a studiare e a interrogarsi su questo popolo misterioso.

sabato 15 giugno 2024

Arianna, avvinta come l'edera.

 

Antonia Calabrese "Arianna, avvinta come l'edera" (2017)

Nella mitologia greca e romana, la pianta di edera è principalmente associata al dio Dioniso (noto anche come Bacco nella mitologia romana). Dioniso, il dio del vino, dell'ebbrezza, del teatro e del piacere, era spesso raffigurato con una corona di edera sulla testa. L'edera era sacra a Dioniso perché simboleggiava l'immortalità e la rinascita, oltre a essere una pianta che cresceva rigogliosa nei luoghi a lui sacri.

La mitologia narra che Dioniso, nato dall'unione di Zeus e Semele, utilizzava l'edera per proteggersi dal calore delle fiamme e dal vino stesso, in quanto l'edera veniva considerata un antidoto naturale agli effetti del vino.

Quindi, l'edera è strettamente legata al culto di Dioniso/Bacco e viene spesso utilizzata nei racconti e nelle rappresentazioni artistiche per richiamare l'immagine di questo dio. 

Una divinità femminile associata all'edera è Arianna (Ariadne), nella mitologia greca. Arianna era la figlia del re Minosse di Creta e aiutò Teseo a uscire dal labirinto dopo aver ucciso il Minotauro, dandogli un filo per trovare la strada del ritorno. Secondo una delle versioni del mito, dopo essere stata abbandonata da Teseo sull'isola di Nasso, Arianna fu trovata e sposata da Dioniso.

In alcune rappresentazioni artistiche e mitologiche, Arianna è raffigurata con l'edera, sia come simbolo del suo legame con Dioniso sia come emblema di fedeltà e immortalità. Inoltre, come moglie di Dioniso, le piante sacre a lui, inclusa l'edera, diventano associate anche a lei.

giovedì 13 giugno 2024

La sirenetta sullo scoglio (scultura)

 

"La sirenetta sullo scoglio" è una scultura in terracotta che emerge con grazia e potenza dalla superficie grezza di un sasso, creata in uno stile moderno e unico: il mamutazionismo. Questa corrente artistica, che fonde elementi primordiali e organici con innovazioni contemporanee, trova una perfetta incarnazione in quest'opera.

La terracotta, materiale antico e carico di significato storico, è stata plasmata in una forma fluida e dinamica che sembra catturare il movimento stesso della vita marina. Le curve sinuose e le pieghe naturali della scultura evocano la grazia e la leggerezza di una sirena che riposa su uno scoglio, simbolo di mistero e bellezza.

Il tocco finale della cromatura in oro non è solo un abbellimento superficiale, ma una dichiarazione potente: l'oro rappresenta l'aspirazione umana alla perfezione, alla divinità, all'immortalità. La superficie dorata riflette la luce in modo cangiante, creando un gioco di riflessi che anima la scultura e la rende mutevole a seconda del punto di osservazione. Questa caratteristica incarna il principio mamutazionista della mutazione costante, suggerendo che nulla è fisso e tutto è in perenne trasformazione.

Il sasso su cui la scultura è montata non è un semplice supporto, ma parte integrante dell'opera. La sua ruvidità e solidità contrastano con la levigatezza e la delicatezza della terracotta dorata, creando un dialogo visivo e tattile tra la natura grezza e l'intervento umano artistico. Questo contrasto esalta il concetto di dualità, centrale nel mamutazionismo, dove il primitivo e il moderno coesistono in un equilibrio dinamico.

"La sirenetta sullo scoglio" invita lo spettatore a riflettere sulla natura del cambiamento e della crescita. La scelta della terracotta, materiale malleabile e versatile, simboleggia la capacità dell'essere umano di modellare la propria esistenza. L'oro, simbolo di purezza e di valore eterno, rappresenta l'aspirazione verso un ideale superiore. Insieme, questi elementi raccontano una storia di trasformazione e aspirazione, un viaggio dall'origine umile alla ricerca dell'elevazione spirituale.

Il sasso, elemento terrestre e ancestrale, radica l'opera nella realtà fisica, ricordando allo spettatore che ogni evoluzione, per quanto elevata, ha le sue radici nella terra e nella storia. L'opera, dunque, non è solo una celebrazione del progresso, ma anche un omaggio alla memoria e all'origine.

Con "La sirenetta sullo scoglio", Antonia Calabrese ci regala una visione moderna e profondamente simbolica del mamutazionismo, controcorrente artistica e letteraria da lei teorizzata. La scultura, attraverso la sua forma, i materiali e la loro interazione, diventa un potente veicolo di significati, capace di parlare direttamente all'anima e alla mente dello spettatore, evocando riflessioni sull'essenza stessa della trasformazione umana e del nostro eterno viaggio verso la luce.